lunedì 22 novembre 2010

alfabeto nautico

A come Arcobaleno, spuntato tra le arcate del ponte autostradale appena ripartiti. Tra la montagna e il mare. Tra un magnifico raggio di sole radente che illuminava a festa la marina, uno squarcio di azzurro e un nuvolone nero di pioggia prima della galleria.
B come Bolina, tesa, veloce, che ha stressato il randista, perso tra lascare e recuperare carrello, sfinito a fine regata.
C come Cena, in un sabato sera tra pietanze degne di nota e una bella barbera da 13,5 % , rallegrata da cinghiali e stoccafissi, moscardini e lenticchie, da canzoni stonate e sigle di cartoni animati e una allegra compagnia di equipaggi in gita. Come Capitano, sempre agguerrito, sempre energico. 
D come Danni, registrati su parecchie barche, con molti ritiri. Poi al Boma caffè storie di spi esplosi, di paterazzi tranciati, rande strappate, fiocchi che hanno ceduto.
E come Equipaggio, ancora misto, ancora con nuovi elementi e nuovi ruoli, ma sempre caloroso.
F come Freddo del vento da nord, che ha reso questo week-end davvero invernale, e sentito fino alle ossa dalla Falchetta.
G come Gran Laschi a vele bianche, poi poppa a farfalla nel secondo giro di regata. Niente spi, per non vederlo anche noi cedere, veloci abbastanza per arrivare davanti di un palmo agli avversari di sempre. 
H come Hotel, per chi ha voluto dormire comodo senza subire una notte di rovesci e raffiche decisamente rumorosa.
I come Intelligenza. Procedura di partenza un po’ in ritardo, davanti a Celle. Con il rumoreggiare del vento che rendeva difficile recepire i tempi via radio.
L come Ladfall, i nostri soci del J24, primi di classe. Valorosi in condizioni per nulla semplici, così piccoli, così bravi.
M come Maestrale, rafficato e potente, che ci ha regalato boline sbandate e piedi in acqua.
N come Nostalgia, quando un po’ di mal di terra fa ondeggiare il mondo quotidiano.
O come Outsider, la nostra Outsider, nervosa e veloce nelle boline rafficate, potente nelle poppe a vele bianche. 
P come Pioggia, che ci ha sfiorati, tenuti svegli nella notte, ma non bagnati in barca, incredibilmente rispettosa del nostro regatare.
Q come Quanto. Quanto vento, quanto freddo, quanto sforzo per randista e tailers, quanto mangiare, quanta allegria, quanto sorridere dalla falchetta, quanto di tutto si porta a casa tornando.
R come Raffiche sopra ai trenta nodi di tramontana e maestrale. Venti del nord, gelidi. Ma poca onda.
S come Spi, quei pochi che ci hanno provato lo hanno visto esplodere, sdraiarsi e portare la barca in posizioni assurde, ne hanno raccolto frammenti sugli stralli.
T come Tramontana che ci ha accompagnato nell'allenamento, portando sapore della neve dalle montagne, accarezzate da nubi nere e pesanti; come Trenta e passa nodi di vento in regata.
U come Una mano alla randa nera, per poter stringere quella bolina e godersi lo sciabordio sulla chiglia.
V come Varazze Vento Vele Velocità, come il Vibrare dell’amantiglio nella notte Ventosa, accompagnato dal cigolare e lo stridere di cime.
Z come fine, ma sempre un nuovo inizio perché l'emozione di stare nel vento e sul mare non ha fine. 

martedì 16 novembre 2010

un giro nella notte

Domenica mattina, sveglia, sonno destato da aria di partenza. Ci sono da collezionare in poche ore mezzi di trasporto e luoghi. Macchina autostrada, macchina autostrada, porto barca. Focaccia. Treno treno, a piedi borsone in spalla, autobus. Portovenere. Splendida come sempre. Temperatura gradevole. Cioccolata e caffè. Aspettiamo il check-out e le barche sono pronte per noi all’ultimo sussulto di luce. Grigio nel cielo, viola alle spalle del promontorio, luce sul castello, il faro che gira instancabile.

Lasciamo gli ormeggi che è buio, non tardi, ma già buio. Le due barche gemelle costeggiano le cinque terre, vento in poppa, farfalla.

Uno spicchio di luna gioca a nascondino con le nuvole, qualche stella prova a far capolino. Non piove. Timone riposo pasta caffè. Ondina che spinge, vento che un po’ rinforza, e la notte arriva veloce. Sul lato destro la costa illuminata e sonnolenta. La all’orizzonte la luce della lanterna è quasi schiacciata dal fronte di nubi, rinforza e le onde iniziano a incrociarsi. Ce la faremo prima della pioggia? Ormeggiamo a Genova che non è ancora l’alba. Ci addormentiamo di botto e lasciamo che piova, adesso può. Riapriamo gli occhi che è pieno giorno, ma giorno grigio. La colazione ha profumo di focaccia. Il rientro è una coda in un lunedì lavorativo. Ma negli occhi un giro nel mare di notte, da portarsi a casa.

lunedì 8 novembre 2010

“winch or vang, this is the question” (monishakespeare)

Eccomi a un anno di distanza dal primo ingorgo in tangenziale sognando il mare. Ancora un venerdì sera, umido di pioggia e nervoso di traffico; inevitabilmente l’umore migliora proporzionalmente all’avvicinarsi a curve e gallerie liguri. Genova. Orion è prima tappa del senso di rientro a casa, vapore dalla cucina, tavola apparecchiata e sorrisi sui divanetti. Poi tutti a nanna, ci si sveglia presto domattina. Outsider mi accoglie nella cabina di prua. Una drizza sbatte tutta notte, ma vince il sonno.

Alle 7.00 di un sabato mattina per nulla qualsiasi, Outsider e Landfall prendono il largo verso Varazze; come da copione il cielo è ricco di nuvoloni imponenti e pesanti, e la luce radente è protagonista sul mare. Onda. Vento da sud. Tre ore di navigazione, chiacchiere e battute, e il mare entra nello sguardo e nel cuore. Ci risiamo. Sorrido.

Ore 10.00 di sabato mattina si radunano gli equipaggi, il bar Boma del marina di Varazze è rumoroso per il chiacchiericcio del post briefing di inizio campionato. Chi si lamenta di qualcosa, le tessere, i rating, la mia barca di qua, la mia barca di la, e lo spi nuovo, cerate, stivali, cappellini, numeri velici sulle maglie, ognuno sfoggia il proprio ardire, e c’è chi cova l’emozione della prima regata, i capitani amici/rivali, fogli di regolamento e occhiali sul naso.

Outsider è pronta piu’ che mai: chiglia come nuova, teak lucidato, niente tavolino, randa nera, pesante nuovo piu’ pesante che mai (la vela in cartongesso).

Un equipaggio con una persona in meno del previsto, ma sei personaggi agguerriti: IL capitano, che distribuisce grinta a tutti, randista nuovo nuovo (e forse un po’ preoccupato), un furetto tailer che fa per uno e mezzo con l’aiuto del veterano del gruppo a centro pozzetto, uomo all’albero nuovo pure lui, ma potente, e la prode prodiera, esperta, ma nel nuovo ruolo. E siamo subito in regata, con un po’ di vento e onda; insomma battesimo di fuoco tra vento e acqua.

Via le cime di ormeggio, l’uscita dal porto è carica, su la randa e siamo pronti, 5 minuti alla partenza, 3 2 1 cazzami quella randa, dai con il genoa, partiti bene.

Bolina, boa, altra boa su il tangone e non è proprio la migliore delle issate spi, siamo ancora un po’ in emergenza, ma è su. Limitiamo i danni strambando a vele bianche e la seconda bolina è un bel crescendo, passiamo due barche come niente, di nuovo boa, seconda poppa, ancora spi, va meglio. Ammainiamo precisi e strambiamo ancora a vele bianche, ultimo tratto di poppa un po’ penalizzati, Iaia ci segue con spi e fa di tutto per passare ma resistiamo, la boa si avvicina, la sirena saluta il nostro arrivo con mezza lunghezza di vantaggio. Terzi in boa, il compensato ci pone al 4° posto di classe e assoluto. Ottimo inizio suvvia. La cena è con l’equipaggio di Landfall a festeggiare il loro primo posto di Classe (sesti assoluti). Ma siamo bravi, non facciamo tardi, domenica sarà ancora regata. E’ quasi mezzanotte e la stufetta scalda il sonno di un equipaggio stanco e felice.

Domenica mattina, colazione ma all’erta, ci si aspetta parecchio vento. Il capitano monta il rollafiocco e noi armiamo la barca con un senso di attesa, l’onda poi sarà fastidiosa, lo sappiamo.

Fuori, piedi giù dalla falchetta, maniglie pronte, muscoli tesi, 5 4 3 “acqua”, ci poggiano addosso, urla, 2 1 cazzami quel genoa, daidaidai belin, su quella randa.

La bolina è faticosa, Il pesante in parte rollato non paga. Giù di poppa, prima strambata della coppia prodiera in erba e nuovo all’albero va bene, nonostante l’onda per niente facile; dietro siamo in un intreccio laocoontico di scotte ma ce la facciamo.

Seconda bolina, tutto il pesante fuori, siamo sui 15 nodi, il capitano fa volare outsider, ci guardano andar via, viriamo, piede al limite della falchetta, spremo ogni energia residua, il randista è al limite, ma ce la facciamo. Seconda poppa, questa volta Iaia è davanti di un niente, ma non la raggiungiamo; all’arrivo in boa ci separa un secondo. Bravi ragazzi. Siamo comunque soddisfatti, regata divertente. Ancora quarti in compensato e lo restiamo in classifica generale.

Conto il lividini, non sono nemmeno tanti. Un panino, un cioccolatino, una doccia, qualcosa da bere, un pisolino. Un po’ mesti, come dopo una bella nuova avventura; poca voglia di tornare. Assaporiamo già l’attesa della prossima, il gusto degli abbracci dopo la boa, del vento in faccia, dell’orizzonte dalla falchetta, il ronzio della stufetta, lo stridere delle cime, che diventeranno presto consueti e accoglienti.