lunedì 25 ottobre 2010

DADAGICHIWASI-MALU (o paciughi o peschi, mentre girano le "palle")

Quando alle 18 di domenica sbarchiamo dalla passerella traballante, come fosse il ponte del galeone dei pirati, il passo è ondeggiante da alcolici e mal di terra e un po' appesantito dal cibo. 24h su un 48 piedi, comodo ed accogliente, hanno lasciato comunque alcuni segni: Il primo è il sorriso, quindi è andata bene; Il secondo sono le magliettine con il nome della barca e i colori di Genova, per l'orgoglio di capitan Ernesto; Il terzo i vari sintomi di cui dicevamo.
E' sabato e la partenza di 6 persone tocca ben 6 province: DADAGICHIWASI (in ordine di partenza) da NOSIBSLCMIAL, il codice fiscale di Orion per questo WE.
Nel tragitto capita di leggere oroscopi imbarazzanti, perdere uscite e ascoltare musica indegna; ridere, mentre la macchina carica di strati di vestiario e cibo prosegue verso il porto.
Orion ci aspetta quieta, il cielo grigio non promette sole autunnale. Incontriamo ciurme e capitani ed è già allegria, magliettine indossate e sono già focaccia e formaggio che cola, panachet e birra ligure.
Prendiamo pieno possesso degli spazi generosi della barca, occupiamo gli stipetti con ogni ben di Dio e la cena crea il famoso calore dell'equipaggio. Tutti insieme a tavola, apparecchiata di simboli nautici e sapori di enogastronomia regionale. Il cioccolato e un po' di rum, la musica dai toni caldi e la luce soffusa, forzaquattro e le carte di machiavelli (e i due di picche)... la piccola bisca del porto si anima. La notte è buio non graziato di stelle, ma da nuvole e cigolii.
Non sono le campane che ci svegliano, all'alba lo stridere di cime diventa insistente, e chi non è abituato al sonno lungo è già pronto a una domenica diversamente operosa. Alle 8 del mattino gli ultimi dell'equipaggio (MALU da MIMI) raggiungono il bar dove la focaccia non ha la meglio sulle classiche cremose brioche.
Molliamo gli ormeggi, con la sensazione che potrebbe andar peggio, visto che non piove. Ma il vento che arriva da sud non promette una gita semplice. La luce radente sul mare affascina, mentre l'onda lunga disturba un po'. Ma le vele sono issate, il timone chiede forza e attenzione e i sorrisi infreddoliti danno colore sul grigio di fondo.
All'orizzonte quei pazzi che regatano, li salutiamo con lo sguardo e torniamo. L'assaggio ventoso ha dato soddisfazione. Ma c'è da cibarsi di salumi e formaggi e il porto sembra ristorante migliore che il mare aperto. Spuntano sulla tavola, alla velocità di una virata in boa, sapori di terra e l'appetito che nulla ha sciupato. Il tepore e la sazietà sono carburante per il relax, due palleggi con i mandarini e le chiacchiere sopite. Il giorno cala lentamente con la pioggia che cresce. Sono le 18 di domenica, scendiamo dalla passerella traballante e il rientro ha sapore di autunno. Restano i sintomi di una giornata speciale e dei sorrisi nel cuore della convivialità di mare e di terra.

lunedì 4 ottobre 2010

Criceto fumoso

"stazione di Borgotaro, stazione di Borgotaro", l'annuncio è un chiacchiericcio in macchina, lanciata verso il mare. E la stazione si veste di una tovaglia a quadri bianchi e rossi, di torta fritta, bonarda frizzante, tortelli e chicche. E soprattutto risate. Così l'inizio del fine settimana di mare è sugli appennini; gli ingredienti migliori danno sapore su qualsiasi tavola.

L'arrivo a Portovenere è in notturna, con il castello illuminato a vegliare sull'imbarco. Non fa caldo, ma il ritorno in barca scalda l'umore.

Arrivano ancora gli ultimi amici e il capitano, sono quasi le 3 di notte e il mini-corso di abitabilità barca e uso servizi igienici è piuttoso approssimativo: "la pompa di sentina ci può dare una mano se stiamo affondando" ! Si ride, si sistema la spesa abbondante e il ronzio della stufetta allieta il sonno nonostante posizioni acrobatiche negli spazi minimi del barchino.

Quando apro gli occhi, dal tambuccio scorgo cielo azzurro sull'acquarello di case a colori tenui del porto. Mi arrotolo ancora un po' nel sacco a pelo e aspetto. Il risveglio del resto dell'equipaggio è lento, prima di lasciare l'ormeggio ci concediamo un po' di shopping, cappuccino e brioche, qualche saluto a facce veliche conosciute. Poi il mare ci chiama. Scopriamo con allegro stupore che il sole sa scaldare anche in ottobre, si rivelano prima le braccia poi le gambe, poi spuntano costumi da bagno. Trofie al pesto tutti insieme in pozzetto, e un bagno coraggioso. L'acqua è freddina, ma il sorriso è quello di chi si ritrova in ottobre a sguazzare. Si riparte con un minimo di vela. Il vento latita. Direzione La Spezia. Si passano Lerici, Base CVC Santa Teresa, i cantieri con navi militari e l'Ericsson della Volvo... insomma ci lucidiamo gli occhi. Umore pigro e allegro. Appoggio la schiena alla tuga, guardo l'orizzonte tirrenico, sorrido. Porto di La Spezia. ultimo pontile. Cemento galleggiante. L'aperitivo alla luce della torretta corrente, il buio scende umido. Tutti seduti sul cemento che dondola dando un effetto strano di finto mal di terra, gin tonic nostalgico, tigelle e salumi, patatine e campari. Acrobazie di strada, assalto a lampioni e pubblico divertito. Ruota, verticale e ci aspetta il pescatore, fritto misto, due passi tra poca gente e un caffè preparato da ragazze cinesi.

Il ritorno in barca è ridanciano, ma anche assonnato. La stufetta ha reso tropicale il clima del barchino, un goccio di Pampero ci stende. Si dorme appesantiti. Così la mattina di domenica ha quel ritmo impigrito di chi vuole restare ancora un minuto a girarsi nel letto. Colazione a bordo con il sole che scalda. La prendiamo comoda. Quando partiamo il cielo è però ingrigito. L'orrizonte non è rassicurante. Potrebbe andar peggio, vediamo il fronte di pioggia sulle vele di una regatina al largo; dirigiamo, cerata pronta, verso Palmaria. Il vento non vuole aiutarci. Smotoriamo. Vorrà dire che daremo fondo alla cambusa. Niente scotte. Fuori pioviggina, in barca, sottocoperta, si fa un aperitivo al ritmo di samba. Linguine e pomodorini. Amarone, bottiglia di pregio, 16,5 %. Le guance si arrossano, la musica rallegra. Il caffè dai soci pittorici è ricco di citazioni di cine-comicità, qualche sproloquio alcolico in traduzione simultanea, battute incalzanti da lacrimare ridendo. Intanto il sole torna. E il vento chiama. Cambio di scena. Cambio d'abito. Tornano scarpe e guantini, si riarma il circuito, l'idea di due bordi stuzzica l'appetito del capitano. Su ancora. Verricello. Motore. Fumo. Fumofumo. Caccia all'estintore. La calma apparente da posto a un po' di ansia. Trovato. Solo fumo. Qualcuno dice che si stava solo lavando i denti. Le crediamo, è il motorino d'avviamento. Sbracciamo ai soci, chiamiamo il porto. Umore spompo. Aspettiamo un po' ciondolanti alla boa. Niente bordi. Uffa. Il gommone ci traina a sidecar, arrivamo in porto mentre il mare si illumina della luce del pomeriggio e si ripopola di vele. I bagagli sono già pronti. Un po' di delusione ci fa sbarcare, a questo punto acceleriamo il rientro nelle code della cisa. A casa provo una ruota. Rischio l'osso del collo. Il gatto mi guarda basito. Il divano resiste all'urto. Sorrido e penso ai nuvoloni sul mare. Basta un po' di vento e torna il sole. Soffio. :-)