lunedì 4 ottobre 2010

Criceto fumoso

"stazione di Borgotaro, stazione di Borgotaro", l'annuncio è un chiacchiericcio in macchina, lanciata verso il mare. E la stazione si veste di una tovaglia a quadri bianchi e rossi, di torta fritta, bonarda frizzante, tortelli e chicche. E soprattutto risate. Così l'inizio del fine settimana di mare è sugli appennini; gli ingredienti migliori danno sapore su qualsiasi tavola.

L'arrivo a Portovenere è in notturna, con il castello illuminato a vegliare sull'imbarco. Non fa caldo, ma il ritorno in barca scalda l'umore.

Arrivano ancora gli ultimi amici e il capitano, sono quasi le 3 di notte e il mini-corso di abitabilità barca e uso servizi igienici è piuttoso approssimativo: "la pompa di sentina ci può dare una mano se stiamo affondando" ! Si ride, si sistema la spesa abbondante e il ronzio della stufetta allieta il sonno nonostante posizioni acrobatiche negli spazi minimi del barchino.

Quando apro gli occhi, dal tambuccio scorgo cielo azzurro sull'acquarello di case a colori tenui del porto. Mi arrotolo ancora un po' nel sacco a pelo e aspetto. Il risveglio del resto dell'equipaggio è lento, prima di lasciare l'ormeggio ci concediamo un po' di shopping, cappuccino e brioche, qualche saluto a facce veliche conosciute. Poi il mare ci chiama. Scopriamo con allegro stupore che il sole sa scaldare anche in ottobre, si rivelano prima le braccia poi le gambe, poi spuntano costumi da bagno. Trofie al pesto tutti insieme in pozzetto, e un bagno coraggioso. L'acqua è freddina, ma il sorriso è quello di chi si ritrova in ottobre a sguazzare. Si riparte con un minimo di vela. Il vento latita. Direzione La Spezia. Si passano Lerici, Base CVC Santa Teresa, i cantieri con navi militari e l'Ericsson della Volvo... insomma ci lucidiamo gli occhi. Umore pigro e allegro. Appoggio la schiena alla tuga, guardo l'orizzonte tirrenico, sorrido. Porto di La Spezia. ultimo pontile. Cemento galleggiante. L'aperitivo alla luce della torretta corrente, il buio scende umido. Tutti seduti sul cemento che dondola dando un effetto strano di finto mal di terra, gin tonic nostalgico, tigelle e salumi, patatine e campari. Acrobazie di strada, assalto a lampioni e pubblico divertito. Ruota, verticale e ci aspetta il pescatore, fritto misto, due passi tra poca gente e un caffè preparato da ragazze cinesi.

Il ritorno in barca è ridanciano, ma anche assonnato. La stufetta ha reso tropicale il clima del barchino, un goccio di Pampero ci stende. Si dorme appesantiti. Così la mattina di domenica ha quel ritmo impigrito di chi vuole restare ancora un minuto a girarsi nel letto. Colazione a bordo con il sole che scalda. La prendiamo comoda. Quando partiamo il cielo è però ingrigito. L'orrizonte non è rassicurante. Potrebbe andar peggio, vediamo il fronte di pioggia sulle vele di una regatina al largo; dirigiamo, cerata pronta, verso Palmaria. Il vento non vuole aiutarci. Smotoriamo. Vorrà dire che daremo fondo alla cambusa. Niente scotte. Fuori pioviggina, in barca, sottocoperta, si fa un aperitivo al ritmo di samba. Linguine e pomodorini. Amarone, bottiglia di pregio, 16,5 %. Le guance si arrossano, la musica rallegra. Il caffè dai soci pittorici è ricco di citazioni di cine-comicità, qualche sproloquio alcolico in traduzione simultanea, battute incalzanti da lacrimare ridendo. Intanto il sole torna. E il vento chiama. Cambio di scena. Cambio d'abito. Tornano scarpe e guantini, si riarma il circuito, l'idea di due bordi stuzzica l'appetito del capitano. Su ancora. Verricello. Motore. Fumo. Fumofumo. Caccia all'estintore. La calma apparente da posto a un po' di ansia. Trovato. Solo fumo. Qualcuno dice che si stava solo lavando i denti. Le crediamo, è il motorino d'avviamento. Sbracciamo ai soci, chiamiamo il porto. Umore spompo. Aspettiamo un po' ciondolanti alla boa. Niente bordi. Uffa. Il gommone ci traina a sidecar, arrivamo in porto mentre il mare si illumina della luce del pomeriggio e si ripopola di vele. I bagagli sono già pronti. Un po' di delusione ci fa sbarcare, a questo punto acceleriamo il rientro nelle code della cisa. A casa provo una ruota. Rischio l'osso del collo. Il gatto mi guarda basito. Il divano resiste all'urto. Sorrido e penso ai nuvoloni sul mare. Basta un po' di vento e torna il sole. Soffio. :-)

Nessun commento: